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A Ceperan, lá dove fu bugiardo ciascun pugliese |
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Daniela
Romano
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Dante, Inferno,
canto XXVIII, v. 16-17. Ci ha chiamati bugiardi, mancanti alla parola
data, riferendosi al tradimento del conte di Caserta e di Giordano Lancia
cui era stato affidato il punto strategico di Ceprano (Villani, Cron.,
VII, 5,9). Decidano gli storici sei Pugliesi furono bugiardi a Ceprano,
o no, vexata quaestio (Cafaro, Se i P. furono bugiardi a Ceprano, Andria,
1952); a noi interessa il dileggio. Uso antico, se ne troviamo testimonianza in Grecia e nell'antica Roma. L'Andromaca euripidea (Eur., Androm., 445-49) ricorda che l'arte degli inganni fu coltivata con gran studio a Sparta:
.oh più
di tutti Il Thessalorum commentum è ricordato da Demostene ( Olint., I, 2); le Megarensium Lacrymae da Zenobio (Prov. gr. V, 8). Euripide (Ifig. in Taur., v. 1205) fece dire dalle scene: La Grecia ignora la fede; Giovenale (III, 78) affermò che "il greco affamato, se vuoi, salirà anche in cielo" (Graeculus esuriens in coelum, iusseris, ibit). La Graeca fides, sinonimo di perfidia, è pure ricordata dalle accuse che l'Alete del Tasso ripete a Goffredo (Gerus., II, 72): La greca fede
a chi non è palese? Nè altri popoli furono risparmiati: Partis mendacior (Orazio, Epist., II, 1, 112), Punica fides (Sall, Ing., 108); il verbo Aegyptizare e così Cretizare nell'antica Roma significò mentire, ingannare, e lo stesso significato dovè avere per l'Ariosto (XXIY, 18) che di Rodomonte scrive: Nel mancar di
fede Comunque, il periodo
in cui i dileggi trovarono maggiore sviluppo fu il Medioevo, a causa
delle maggiori rivalità politiche ed economiche tra i vari Comuni.
Nell'usanza sparì nel Rinascimento, se il Burckhardt (La civiltà
del Rinascimento in Italia, vol. II, p.74) sente la necessità
di sottolineare: "Gli italiani si segnalarono nel saper cogliere
ed additare le differenze morali tra città e città e tra
paese e paese; il loro patriottismo affatto locale, più vivo
forse che quello di qualsiasi altro popolo nel Medioevo, creò
assai per tempo in questo riguardo una letteratura speciale ......". Tòmmene,
Tòmmene cànnune 's Coriana Tòmmene,
tommene fanno Le illustrazioni dei nomignoli sono fatte in prosa; in versi, qualche volta troviamo anche delle filastrocche: A mmare a mmare
le cozze matedhe, ACQUARICA DEL CAPO - Spurtari, perché dediti all'industria di sporte, cestelli ecc. Noti per la loro prigrizia, infatti Acquarisi, ACQUARICA DI LECCE - A Acquareca le fimmene bedhe, le belle donne. ALESSANO -L'immeritato nomignolo di Giudei ha fondamento storico. Un nutrito gruppo di Giudei si stabilì in questa città verso il XIII sec. Protetti e favoriti da Carlo I e da Carlo II d'Angiò, cacciati da Carlo V nel 1539, tollerati da Filippo II che nel 1572 ordinò che si stabilissero in quartieri divisi dai Cristiani, e permise loro di costruire una sinagoga nel ghetto, in contrada denominata "dei Giudei", nel 1749, sotto Carlo III furono sfrattati definitivamente dal regno e scomparvero pure da Alessano: ma ai suoi cittadini rimase l'odioso nomignolo (Arditi, Corografia, Lecce, 1879, p.23). Tale appellativo è rivolto pure agli abitanti di Carpignano Sal., ma con diverso significato (v. Carpignano). ALEZIO - Picciotti, cioè piccoli, figli, perché un operaio siciliano, che lavorava a Gallipoli, diceva di recarsi a trovare i suoi picciotti, ad Alezio. ALLISTE - Argerini, cioè barbari, violenti; algerini nel senso di nordAfricani, tristemente noti, tra la popolazione locale, per i loro atti di pirateria. ANDRANO - Mangia-brufichi, cioè caprifichi, perché gli abitanti se ne sarebbero nutriti in periodi di carestia. ARADEO - Carnocchiulari, da carnocchiula, ranocchia. ARIGLIANO - Lupi, cioè selvaggi. ARNESANO - Li mozzeca-santi, cioè bestemmiatori. BAGNOLO - Zucári, dall'industria delle zuche, funi d'erbe. BOTRUGNO - Miraculusi. Gli abitanti sostituirono le funi delle campane di una chiesa con dei traici che un asino di notte divorò, onde lo scampanio e le grida al iniracolo. Son chiamati pure simentari, cioè raccoglitori di semi di meloni. CAMPI - Donne poco attraenti, dunque. CANNOLE - Cuzzàri, da cozze, chiocciole. Sorpresi dalla pioggia durante una processione, gli abitanti abbandonarono la statua del Santo e si precipitarono a raccogliere chiocciole. CAPRARICA DEL CAPO - Cristareddi, cioè gheppi, uccelli rapaci. CARPIGNANO SAL. - Giudei, ma con significato differente da quello attribuito agli abitanti di Alessano. Qui Giudei sta per traditori, poiché gli abitanti, per ripararsi dalla pioggia, abbandonarono la statua di Gesù Cristo durante la processione del Venerdì Santo. CASARANO - Zocculari, da zóccula, grosso topo, cioè imbroglioni, ed inoltre machi, maghi. CASTIGLIONE - Mangia-brufichi (v. Andrano) CASTRI' - Cuccuìu, dal grido della cuccuascia, la civetta. Cuccuìu fu l'insulto rivolto da un cittadino di Calimera al sindaco di Castrì, e da qui il nomignolo. Anche a Galatina sono soprannominati cuccuasci, ma l'aneddoto è differente (v. Galatina). CASTRIGNANO DEL CAPO - Cuzzàri (v. Cannole). CASTRO - Casciari, costruttori di casse. CAVALLINO - Figghi de muli, figli di muli, e Cadhinu, cadhinaru, da cadhu, gallo. CORIGLIANO - Mángani, da mangano (strumento atto alla macerazione). Un contadino del luogo, per non gravare troppo il suo asino, soleva caricarsi egli stesso dello strumento, onde lo scherno di quelli in cui s'imbatteva. CORSANO - Carcagni-tosti, dai duri calcagni, perché abituati a camminare scalzi sugli scogli. CURSI - Cucuzzari, scipiti come la zucca e scacati, disordinati. CUTROFIANO - Pignatari, da pignate, pentole di terra cotta la cui industria èivi diffusa. DEPRESSA - Mangia-brunitte, cioè mangia-ghiande. DISO - Curágnuli, agnelli di un anno, perché gli abitanti si servirono di un agnello per accompagnare l'organo parrocchiale, mancando di una voce bianca. DRAGONI - GAGLIANO DEL CAPO - Ventri-janchi, perché pallidi e soggetti all'idropisia a causa della malaria. Secondo altri perché rassomigliano agli asini dal ventre bianco, o ancora perché, "falsari", impallidiscono per paura di essere scoperti (Ricordiamo che in Dante, Inferno, XXX, 52, i falsificatori della moneta, come maestro Adamo, sono gravati dall'idropisia). GALATINA - Cuccuasci da cuccuascia (civetta). Al grido di una civetta (cuccuìu, cuccuìu) un povero contadino, capendo tutto è mio, tutto è mio, contestava la proprietà dei suoi covoni. Alla fine, dopo aver implorato la proprietà di almeno la metà del raccolto, esasperato, diede fuoco ai covoni. Ed ancora causi-larghi, calzoni-larghi, cioè smargiassi. GALLIPOLI - Ciucci, asini, per la loro resistenza alla fatica; vi sono infatti molti facchini portuali; Uttari, bottai, mestiere ivi molto diffuso. GEMINI - Coddi-torti, colli torti, e ventri-nchiati, ventri gonfi perché affetti dalla malaria, morbo comune in luoghi paludosi come quelli salentini. GIUGGIANELLO - Carnocchiulari da carnocchiula, ranocchia. Gli abitanti affidarono infatti alle rane il compito di pregare il Signore di notte in loro vece. LECCE - Aquae non currunt, arbores non crescunt et feminae non erubescunt. Il castello èquello di Carlo V, la fontana sorgeva fino al secolo scorso in Piazza S. Oronzo. Leccesi mangia-cani, il simbolo della città essendo una lupa, cciti-petucchi (sic!) e sona-campane, per le numerose chiese. Lu campanaru de
Lecce Non dimentichiamo comunque che Se Lecce aìa lu puertu, Napuli era muertu. LEQUILE - La cità de li racàli, cioè delle rane, infatti gli abitanti sono chiamati mangia-racàl, con riferimento ad una zuppa di rane, piatto caratteristico del luogo. LIZZANELLO - Le sue donne son dette bestie, cioè resistenti alla fatica. MAGLIE- Pàssari. Secondo gli abitanti del circondario, i magliesi avrebbero difeso i loro raccolti con degli sterpi posti al l'entrata dei campi. Essi, però, si difendono e sostengono che pàssaru era il nome di un cavallo bianco la cui fuga il padrone prevenì ponendo degli sterpi a mò di recinto (S. Panareo, Dileggi e Scherni in "Studi in onore del Porf. G. Tamburini", Lecce, 1905, p. 114). MARITTIMA - Carcagni-tosti (v. Corsano). MARTIGNANO - Ciucci (v. Botrugno). MATINO - brucia pagliai, e pampanusi, spacconi. MELISSANO - Carnocchiulari (v. Aradeo). MIGGIANO - Mangia-miju e mangia-paparina. Miju è il miglio, paparina è una cicoria selvatica. MONTERONI - A Muntruni la scarpa pulita, per i numerosi calzolai. MONTESANO - Ventri-janchi (V. Gagliano). MONTESARDO - Mangia-fucazze, mangia focacce. MORICINO - Furnari, fornai. Gli abitanti del luogo, privi di un forno, se ne sarebbero costruiti uno in legno. MURO - Porci, per
l'allevamento dei maiali. NEVIANO - Gente tosta comu la petra, dura come la pietra. Nianu fochi boni NOCIGLIA - Craunari, carbonai e furcunari, costruttori di forche, mestieri ivi diffusi. ORTELLE - 'Nnijati, annebbiati. Immersala città in una fitta nebbia, gli abitanti, credendo che il mare fosse arrivato ad Ortelle, si buttarono nel vuoto, sicuri di fare un bagno. OTRANTO - Ventri-janchi (v. Gagliano) e turchi, fiji de turchi con chiaro riferimento all'invasione turca. PALMARIGGI - Carnocchiulari (v. Aradeo). PARABITA - Ventri-janchi, come a Gagliano e altrove, ma con diverso significato; infatti gli abitanti, durante la festa della Madonna della Coltura, si spalmerebbero il ventre di ricotta, per devozione. PATU' - Catti, gatti, cioè furbi. L'emblema del paese è un gatto. PISIGNANO - A Pisignano le musce reste, le gatte selvatiche, donne poco socievoli e dall'aspetto sgradevole. POGGIARDO - Sardari, da sarde. Gli abitanti si illusero di poter trasformare in mare uno stagno gettandovi delle sardelle. Pusciardu (l'emblema di Poggiardo è infatti un bue). PRESICCE - Mascarani, mascherati, perché essi si servirono di una mascherata per uccidere Carlo Bartilotti, figlio di Filippo Bartilotti Piccolomini d'Aragona, principe di Castellaneta, uomo che "le memorie tradizionali dicono avaro, usuriere, rotto a sozzi piaceri, e d'istinti brutali e feroci. Onde i Presiccesi, minacciati e smuniti sull'onore e sull'interesse, l'uccisero nel 1655". (Arditi, cit., p. 488). RACALE - Pacci, pazzi; così furono infatti definiti da Nicola Pellegrino da essi poi lapidato. RUFFANO - Causi-tirati, avari. SALIGNANO - Porci (v. Muro). SALVE - Sarve, sàrvate. Infatti gli abitanti sono chiamati cuduti, gente che sparla alle spalle, e ventri-nchiati, ventri rigonfi. SANARICA - Tira-trai, tira travi. Nel costruire una casa, gli abitanti, disponendo di travi troppo corte, pensarono di allungarle mettendole in acqua: Tira cumpare, ca rrenne lu trae. S. CASSIANO - Cuccuasci (v. Galatina) S. CESARIO - Il protettore del paese, in carrozza, va a raccogliere chioccioline. Gli abitanti sono detti mangia-pasuli, fagioli, per la coltivazione di questo legume: Santu Cesariu cu Ili pasuli a manu. SCORRANO - Cucuzzari (v. Cursi). S. DANA - Noto dunque, come Lequile, per l'esiguo numero dei suoi abitanti. S. DONATO - Santu Dunatu cuti cuti; i cuti sono le pietre silicee. SANNICOLA - Tosta comu la petra (v. Neviano). SPECCHIA - Scurlisci, scivola, a causa della pavimentazione stradale. S.PIETRO IN LAMA - Stompa-crita, plasma creta, per l'industria della terracotta. SPONGANO - Lunari o pacci. Riflessa la luna in una pozzanghera, gli abitanti vollero pescarla, e, sopraggiunto un bue per abbeverarsi, lo uccisero perché colpevole di aver inghiottito la luna. SURBO - Gli abitanti sono infatti dediti alla lavorazione dello sciuncu (giunco) e del filidhu, erba con cui si fanno le funi. Son pure detti cazza-malote, schiaccia scarafaggi, perché il paese ne sarebbe infestato. STRUDA' - A Strudà le panze nchiate, il ventre rigonfio per la malaria. Le donne son dette turche con riferimento alla violenza cui furono oggetto da parte dei Saraceni che, dall'altra parte, trovarono in Strudà una vera roccaforte, sicché avrebbero cantato: Sturdà, Sturdù,
SUPERSANO - Porci (v. Muro). SURANO - Ciucci (v. Botrugno). TAURISANO - Mangia-culummi, fior di fichi, di cui è estesa la coltivazione. TAVIANO - TIGGIANO - Gente cu do facci, per il loro emblema, Giano bifronte, e scujati, erniosi. TORREPADULI - Pastanacari, per l'abbondanza di pastinache. TREPUZZI - TRICASE - Cucuzzari, insulsi come la zucca, o meglio, si difendono gli abitanti, coltivatori di zucca. TUGLIE - Avvucati, cioè imbroglioni. TUTINO - Mangia-pipirussi, per la coltivazione dei peperoni. UGENTO - Uscentu, nè fede, nè sacramentu, cioè falsi e spergiuri; però le sue donne si possono consolare: Ad Acquarica le
spurtedde, UGGIANO - Babarabà, imbecilli. VASTE - Puttane le mamme e scrufe le fije, gli abitanti si difendono: Vaste, Son detti ostinati per l'ostinatezza con cui si opposero agli invasori Saraceni o con riferimento ad un verso di una tragedia dei SS. Alfio, Filadelfio e Cirino, cittadini di Vaste, che venne rappresentata in piazza nel 1860. VERNOLE - rucula è la ruchetta, rienu è l'origano, Sant'Anna è la protettrice del paese. |
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